DIONISO O IL DESIDERIO
di Francesco Bacone – (tratto dagli Scritti Filosofici – Ed. UTET – a cura di Paolo Rossi)
Narrano che Semele concubina di Giove dopo averlo costretto con inviolabile giuramento ad un voto perenne, chiedesse al dio di venire da lei tale quale era solito andare da Giunone. Ma essa durante l’amplesso morì incenerita. Il fanciullo che portava in sé, fu preso dal padre che lo introdusse nella coscia fino a che non si compissero i mesi destinati alla gestazione. Tuttavia Giove per questo peso non poco zoppicava: pertanto il bambino, poiché appesantiva ed infastidiva Giove che lo portava nella coscia, prese il nome di Dionisio (colui che infastidisce il Dio). Non appena venne alla luce, fu mandato per alcuni anni presso Proserpina perché lo allevasse. Divenuto adulto, mostrava un aspetto quasi muliebre tanto che dubbio pareva il suo sesso. Morto e sepolto da un certo tempo, non molto dopo resuscitò. Nella prima gioventù per prima scoprì la viticoltura ed insegnò la produzione del vino ed il suo uso; cosa per cui, divenuto celebre e famoso, soggiogò la terra e pervenne agli estremi confini dell’India. Era portato da un carro trascinato da tigri ed intorno a lui esultavano demoni deformi chiamati Cobali, Arcato ed altri. Pure le muse si univano al suo seguito. Per moglie si prese Arianna lasciata da Teseo. La pianta a lui sacra era l’edera. Era pure ritenuto creatore ed inventore dei sacri riti che nondimeno erano fanatici ed orgiastici e per di più crudeli. Aveva anche il potere di insinuare il furore. Difatti nelle sue orge si narra che due famosi uomini, Penteo e Orfeo, furono sbranati da donne prese dal furore; uno mentre salito su di un albero aveva voluto essere spettatore di cosa facessero, l’altro mentre suonava la lira. Le imprese di questo dio si confondono quasi con quelle di Giove. La favola sembra riferirsi ai costumi, tanto che nulla di meglio si può trovare nella filosofia morale. Sotto il simbolo di Bacco è descritta la natura del desiderio o dell’affetto e del turbamento. La madre infatti di ogni desiderio, anche il più dannoso, non è altro che l’appetito e la cupidigia del bene apparente. La brama si genera sempre con un voto illecito concesso in modo imprudente prima di essere ben compreso e giudicato. Quando l’affetto è cominciato a crescere, sua madre (cioè la natura del bene) per il violento incendio perisce e viene distrutta. Il desiderio poi, mentre è immaturo, viene occultato e nutrito nell’anima umana (che è sua madre e rappresentata da Giove) e specialmente nella parte inferiore, come una coscia; e così stimola, tormenta e deprime l’anima; tanto che per esso decisioni ed azioni sono impedite e zoppicano. Anche quando per via del consenso e dell’abitudine il desiderio si è radicato e prorompe in azioni, tuttavia ancora per lungo tempo è allevato da Proserpina; cioè ricerca latebre e nascondigli clandestini quasi sotterranei, fino a che, rimossi i freni del pudore e della paura e potenziata la forza, o assume la maschera di qualche virtù o disprezza l’infamia stessa. Verissimo che ogni passione troppo violenta è quasi di sesso incerto: ha, infatti, l’impeto virile e l’impotenza muliebre. Magnifico anche il risorgere di Bacco morto: invero talvolta gli affetti paiono sopiti ed estinti ma non bisogna avere nessuna fede in essi neppure se sono sepolti; ad ogni occasione che offra materia risorgono. Saggia è la parabola sull’invenzione della vite. Ogni affetto è sagace ed ingegnoso nel cercare i propri stimoli; e il vino, più di tutte le altre cose note agli uomini, è potentissimo ed efficace a generare perturbazioni di ogni genere verso le quali agisce come comune stimolo. Con straordinaria eleganza il desiderio è presentato come dominatore di province e suscitatore d’infinite spedizioni. Non si accontenta infatti mai di quello che ha, ma con infinito ed insaziabile appetito tende a cose sempre nuove bramosamente. Anche le tigri giacciono intorno al desiderio e ne sono aggiogate al carro. Dopo che qualche desiderio infatti sale sul carro e comincia a non essere più pedestre, diviene vincitore e trionfatore della ragione; e si oppone, crudele indomito e spietato, a tutto ciò che contrasta o si aderge contro. È arguto il particolare che intorno a quel carro tripudino quei ridicoli demoni: ogni passione infatti produce movimenti negli occhi, nella bocca e nel gestire, movimenti indecorosi e ineleganti, sussultori e deformi; cosicché colui che sembra a se stesso grande e magnifico in un qualche affetto, come l’ira, l’arroganza, l’amore, per gli altri è invece turpe e ridicolo. Al seguito della passione vi sono anche le Muse, non trovandosi infatti alcun affetto che non sia accompagnato da qualche conoscenza. In questo l’indulgenza degli ingegni diminuisce la maestà delle Muse rendendole serve degli affetti mentre dovrebbero essere signore della vita. Innanzitutto mobilissima è quella allegoria che mostra come Bacco effondesse i suoi amori ad una donna che era stata abbandonata da un altro. Infatti, è certissimo che la passione desidera e brama ciò che l’esperienza ha ripudiato. Sappiano tutti coloro che servono ed indulgono alle loro passioni e sono disposti a pagare altissimo prezzo per impadronirsene, sia che bramino onori o ricchezze o amori o gloria o sapere o qualunque altra cosa, che desiderano cose abbandonate e che sono state disprezzate e lasciate in ogni tempo da molti che pure le provarono. Né è privo di mistero il fatto che l’edera fosse sacra a Bacco. Questo si adatta in una duplice prospettiva: primo perché verdeggia d’inverno; poi perché intorno a tutto, alberi pareti edifici, striscia si abbarbica, s’innalza. Per quanto riguarda il primo punto ogni passione sboccia e prende vigore in rapporto agli ostacoli che incontra e per contrasto (come l’edera per il freddo invernale). In secondo luogo, la passione predominante avvolge tutte le umane azioni e tutte le umane decisioni come l’edera e a queste si aggiunge, si sovrappone, si mescola. Non c’è da meravigliarsi se riti misterici sono attribuiti a Bacco, dato che ogni malsana passione trovava la sua radice nelle malvage religioni, o se si credeva che da lui venisse la follia, dato che ogni passione non è altro di per se stessa che un breve furore che, se con maggior violenza incalza ed incombe, termina nella follia. Quel particolare poi di Penteo e Orfeo sbranati, ha un evidente significato: dato che ogni eccessivo desiderio è crudelissimo e dannosissimo verso ogni indagine curiosa e qualunque avvertimento libero e salutare. Infine quella confusione di persone tra Giove e Bacco può facilmente esser ricondotta a parabola: poiché le imprese nobili e famose, gli insigni e gloriosi meriti provengono ora dalla virtù e dalla retta ragione e dalla magnanimità. Ora da un affetto nascosto e da una cupidigia (godendo entrambi della fama e della celebrità della lode): sì che non è facile distinguere le imprese di Bacco da quelle di Giove.
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